Scrivo un romanzo di un certo successo. A una presentazione vengo preceduto dall’intervento di due persone: la prima non la ricordo, la seconda è Marco Cappato. Elogia il gioco del ritmo narrativo, che incede come una continua costante accelerazione, fino ad arrivare al culmine per poi continuare oscillando lentamente. Poi chiude sottolineando la vena poetica “sentite cosa scrive” apre il libro verso le ultime venti pagine del libro e legge alla platea: “Te? La verità delle more.” E chiude così il suo intervento. Applausi a scena aperta. Mi alzo e indico i due presentatori che mi hanno preceduto, applaudendo a mia volta. Sono felice. Sto per iniziare la presentazione del libro. Mi sveglio.
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Sognando la California (in questo giorno d’inverno)
Tutte le foglie sono appassite e il cielo è grigio
Sono andato a camminare in un giorno d’inverno
Sarei al sicuro e al caldo se fossi a Los Angeles
Sognando la California in questo giorno d’inverno
Mi fermai davanti a una chiesa che incontrai lungo la strada
Beh, mi inginocchiai e finsi di pregare
Sapete, al predicatore piaceva il freddo
Sa che io sto
Sognando la California in questo giorno d’inverno
Tutte le foglie sono appassite e il cielo è grigio
Sono andato a camminare in un giorno d’inverno
Se non glielo avessi detto potrei partire oggi
Sognando la California in questo giorno d’inverno
Sognando la California in questo giorno d’inverno
Sognando la California in questo giorno d’inverno